mercoledì 15 febbraio 2012

E SE PROVASSIMO A NON FARCELE ... SCAPPARE?


ALLA RICERCA DI CORTESIA E BUONGUSTO,  MA ANCHE DI RISPETTO


"Ca…", "Mi….", "Co…" ... e così via!
Non me ne vogliate, né vogliate considerare quanto scrivo come esternazioni veteromoralistiche o “parole d’altri tempi”. Bontà e bellezza mai sono "cose" passate da mettere nostalgicamente in soffitta.
Purtroppo, il parlare quotidiano è sempre più infiorato dal linguaggio volgare. Dal semplice passante all’autorevole parlamentare, dal bambino all’anziano, dal litigio di quartiere al confronto politico o culturale sembra che non si riesca a fare a meno di intasare la propria bocca e le altrui orecchie di termini non proprio eleganti. Volgarità nel parlare che spesso è anche accompagnata da grossolanità nell’agire.
La  stessa TV in tal senso spesso fa scuola. Anche una trasmissione dedicata al canto sente la necessità di ”migliorare” qualità ed audience spargendo, ad arte, di qua e di là, battute e termini scurrili. E per fare ciò paga profumatamente! E’ come (scusate l’esempio) voler abbellire una torta con palline di escrementi di capra. Volgari interiezioni, grossolane battute, gesti opinabili e inappropriate esternazioni ricevono più applausi di una buona canzone.
Se a certe trasmissioni togliamo turpiloquio e forme compiaciute di litigiosità non resta niente. Lo stesso, sovente, nel comune parlare.
Se apriamo una pagina di face book, è facile imbattersi in frasi composte dal 50% da termini volgari, ritenuti necessari per rafforzare le varie opinioni o comunicazioni.
Anche davanti ai portoni delle scuole talora s’incontrano genitori (ed anche insegnanti) solleciti a riempirsi la bocca di “aulici” termini quali “c…” , "m….”, "non rompere ... " per dimostrare a se stessi e ai giovani studenti di essere alla pari. Similmente avviene anche in altri ambienti educativi, famiglia compresa.
Cortesia, gentilezza, rispetto per gli altri (ma anche per se stessi) spesso divengono vuote parole e non si traducono in stile di vita da evidenziare nei comportamenti quotidiani, anche nei momenti di stress.
A volte (i network ne sono quotidiana testimonianza) le volgarità sono associate al sacro specialmente cristiano ed anche alla bestemmia. Se tali cose avvenissero in altri ambienti si guadagnerebbe anche una lapidazione.
Perché il sorriso e l’ilarità devono essere associati al fango? E’ necessario sputar fango per essere ritenuti interessanti? E’ opportuno intercalare pensieri,  parole, frasi e gesti con manciate di letame?
E’ possibile cambiare? Perché no?  E’ una sfida per ciascuno. Basta avere il coraggio di andare controtendenza, controllando con fermezza il nostro linguaggio ed aiutando gli altri a fare lo stesso. Siamo chiamati a prenderci cura di noi stessi e degli altri, lo affermiamo spesso. Siamo, perciò,  chiamati a fare del nostro meglio per cambiare noi stessi e la società. Del nostro meglio anche nello stile del parlare e nei modi dell’agire.

Giovanni Perrone