giovedì 24 ottobre 2013

GIOVANI NON NEGOZIABILI

Gli archeologi documentano che dai Sumeri a oggi ogni generazione che si sussegue all’altra, una volta raggiunta la maturità, ha finito per dipingere quella successiva come “perduta”. Non sorprende dunque che, fuori e dentro la chiesa cattolica, questa immagine sia tornata ad imporsi. Non sorprende, ma ha i suoi costi. Di “generazione perduta” ha parlato a suo tempo il presidente Monti alludendo alla sua irrecuperabilità dal punto di vista materiale.
 E, restando alla Chiesa, l’idea di giovani sbandati dal punto di vista spirituale e morale è andata sempre più imponendosi dietro le quinte, anche se mascherata dall’immagine “ufficiale”, dei grandi raduni di massa e delle interviste televisive, in cui non si può non dire: “vedete che i giovani sono con noi?” Dietro il sipario però l’immagine che è diventata prevalente è pessimistica e può essere così riassunta. I giovani si sono allontanati dalla Chiesa, ciò vuol dire che si sono allontanati da Dio, anzi si sono allontanati dalla Chiesa perché si sono allontanati da Dio.

 Per quali ragioni si sono allontanati da Dio? Perché hanno perso le antenne della fede: sono diventati increduli e indifferenti. Conseguenze di tutto questo (e anche conferma della diagnosi infausta) sono lo stato di deriva morale in cui versano, il relativismo e il nichilismo di cui soffrono. Si tratta di una lettura ecclesiocentrica, a ben guardare nient’altro che il riemergere del vecchio motto patristico extra ecclesia nulla salus, a suo tempo messo in ombra dal Concilio. Le connessioni proposte sono in verità errate, la diagnosi è per lo più infondata. Anche perché, c’è qualcuno in Italia che scriva di giovani in modo documentato e non impressionistico? E dunque, come dai tempi dei Sumeri, siamo invitati a ragionare su quello che i giovani sembrano (a chi giovane non è più), non su quello che sono o possono essere....

lunedì 7 ottobre 2013

LA TRAGEDIA DI LAMPEDUSA SCUOTE LE NOSTRE COSCIENZE

Dopo la tragedia di migranti verificatasi a Lampedusa il 3 ottobre, i Responsabili, l'AE ed il Comitato regionali hanno diffuso un messaggio per tutti i capi siciliani. Ecco il testo.

Carissimi
La tragedia verificatasi a Lampedusa giovedì scorso, con l’ennesima strage di bambini, donne e uomini in fuga da guerre e povertà, scuote profondamente le nostre coscienze di cristiani, cittadini, scout.

Desideriamo, innanzitutto, rivolgere il nostro ringraziamento a quanti si sono spesi per soccorrere i naufraghi, a quanti si stanno impegnando per recuperare i corpi di coloro che non sono sopravvissuti, a tutti quelli che, con la generosità di sempre, si stanno prendendo cura di questi nostri fratelli.   
Eventi così drammatici scuotono profondamente le nostre coscienze e lasciano affiorare, oltre la pietà, sentimenti contrastanti quali sgomento, impotenza, rabbia. In questi momenti, infatti, non ci basta essere consapevoli della complessità delle questioni legate ai flussi migratori, dei legami che queste hanno con le politiche di sviluppo e cooperazione internazionale, con l’instabilità politica e lo sfruttamento dei paesi dell’area del Mediterraneo. In momenti come questi il nostro essere scout ci spinge a chiederci il perché delle cose ma anche e soprattutto ad interrogarci su quello che noi possiamo fare, adesso, per rendere davvero il mondo “un po’ migliore di come l’abbiamo trovato”.
Ci guida il nostro Patto Associativo che ci sollecita alla partecipazione attiva, per la costruzione del bene comune, nella duplice veste di cittadini e di educatori con il metodo scout. Rinnoviamo, pertanto, il nostro impegno a “spenderci particolarmente là dove esistono situazioni di marginalità e di sfruttamento, che non rispettano la dignità della persona” facendoci promotori di modelli di cooperazione che siano centrati sulla condivisione e la collaborazione, sostenendo le politiche che, invece di inneggiare all’egoismo ed alla criminalizzazione dei migranti, tengono in considerazione la vita umana più che il profitto.
Nell’anno in cui proporremo ai nostri giovani di incamminarci su “strade di coraggio”, consapevoli della responsabilità che deriva dal nostro ruolo di educatori, impegniamoci ancora una volta a testimoniare nel quotidiano i valori dell’accoglienza, della solidarietà, dell’impegno politico e del servizio verso il prossimo che caratterizzano il nostro metodo. 
Si tratta certamente di una proposta impegnativa e, talvolta, controcorrente! 
Rimaniamo, tuttavia, convinti che sia la via per costruire un futuro migliore.  

                               I Responsabili e l'Assistente ecclesiastico dell'AGESCI di Sicilia