martedì 6 dicembre 2016

NUOVO BLOG - IL PICCHIO DELLA MASSARIOTTA

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Amici della Massariotta e Educatori Scout




venerdì 25 novembre 2016

IL DISCERNIMENTO VOCAZIONALE E I GIOVANI

 “Vieni e vedrai. I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”

La lettera pastorale del vescovo di Reggio Emilia-Guastalla, monsignor Massimo Camisasca

    





Il vescovo di Reggio Emilia-Guastalla, monsignor Massimo Camisasca, nella sua lettera pastorale “Vieni e vedrai. I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”, del 4 novembre 2016, propone delle riflessioni  e considerazioni che affrontano un tema centrale per la vita ecclesiale tanto da essere stato scelto da Papa come tema del prossimo Sinodo dei vescovi. La particolarità di tale testo è che Camisasca da anni guida giovani alla scoperta che la vita è vocazione e quindi scrive per esperienza e riflessione su quanti ha accompagnato per decenni. Di seguito alcune espressioni della lettera pastorale offerte come invito a leggerla integralmente.

Le diverse vocazioni nella Chiesa hanno un unico scopo: delineare il nostro volto personale e, nello stesso tempo, indicare la modalità concreta con cui ciascuno di noi partecipa alla costruzione dell’unico Corpo di Cristo.

Ma la voce di Dio, non avendo di per sé bisogno di alcuna mediazione umana per arrivare a noi, ha scelto come via ordinaria di raggiungerci attraverso altri uomini. La sua proposta arriva al ragazzo, all’adolescente, al giovane, attraverso la sua famiglia, attraverso la vita e la testimonianza di altri sacerdoti, attraverso altri giovani, amici, compagni di strada. Una vocazione matura in tanti incontri e rivela spesso la vivacità o l’aridità di una comunità cristiana.
La riduzione delle vocazioni al presbiterato chiama dunque in causa la vita cristiana delle famiglie, delle comunità giovanili parrocchiali, delle associazioni e dei movimenti e il metodo della loro trasmissione della fede.


Sono sicuro che una vocazione nasce quando la persona comincia a percepire un significato unitario per tutta la sua vita. Qual è, dunque, il più grande ostacolo, una delle maggiori difficoltà per lo sviluppo di un’autentica vocazione cristiana? È il cristianesimo presentato in modo parziale e individualistico.
Una visione settoriale del cristianesimo, ridotto a finalità di preghiera, osservanza di comandamenti, finalità sociali o altro, impedisce alla persona di scoprire e di gustare il cambiamento nelle vita operato dall’incontro con Gesù e rende impossibile al fondo una vera donazione di sé. È dall’interno della vita che emerge la voce di Dio che chiama, Per questo è necessario aiutare i ragazzi a vivere con profondità le loro esperienze, a verificare dentro le occasioni della loro esistenza la convenienza umana della sequela di Gesù.

Il rapporto personale non è sufficiente e non è neppure il punto di partenza. Il ragazzo, il giovane, deve scoprire una comunità. Non un luogo che lo allontani dalla vita, dove trovi soltanto discorsi o attività, ma una comunione di persone nata attorno ad adulti innamorati di Gesù, dove i ragazzi possano scoprire e verificare personalmente la visione della vita portata dalla fede cristiana. Dove possano imparare la carità, strada fondamentale della conoscenza di sé stessi e di Dio, dove possano scoprire la preghiera e il silenzio, la gioia della missione e della testimonianza a Cristo, ma anche la bellezza della musica, dell’arte, della cultura, della storia… strade che ci portano a Cristo e che da lui ci portano all’uomo.

L’avventura che abbiamo descritto consiste innanzitutto nell’aiutare i ragazzi a scoprire il senso religioso nella propria vita. In ogni incontro, in ogni persona, in ogni cosa possiamo vivere un’apertura verso l’Infinito, verso quel volto e quella voce da cui vengono il mondo e la storia. In questo modo, accenderemo nei nostri interlocutori quello stupore e quello sguardo che sanno riconoscere dietro le cose la Presenza che chiama. La Presenza che si fa strada attraverso i desideri che lei stessa ha posto nel nostro cuore, attraverso tanti incontri, attraverso i bisogni della gente e della Chiesa. Fondamentale, ancora una volta, è la presenza di adulti che aiutino i ragazzi a scoprire l’unità della loro vita.

È necessaria un’autorità esterna a sé con cui guardare alla propria esistenza, affrancandosi dalla volubilità dei propri stati d’animo. Anche l’oggettività della liturgia e dei sacramenti aiuterà i giovani in un tale cammino. La vita ordinaria acquista così una straordinarietà che non deriva dalla grandezza delle cose che accadono o si fanno, ma da Colui che abita le nostre ore.




martedì 16 agosto 2016

LUNGO I PERCORSI DEL CUORE.

L'INCANTO DELLA PORTA APERTA

Mi sto caricando di anni, ma non finisco di incantarmi davanti ai "percorsi del cuore". Davanti ai "percorsi del cuore" mi sento ancora come un bambino. E continuo, impenitente, a sognare una comunità che si incanti davanti ai "percorsi del cuore".
 
Anche la fede, quella vera, il tesoro che ci è più caro, appartiene a questi percorsi segreti. Se non entra in questi spazi del cuore è, per lo più, frastuono e blabla religioso: costretti a urlare la fede, quasi per autoconvincersi di credere. I "percorsi del cuore" sfuggono alle statistiche; rifuggono dalla nostra pretesa di racchiudere in numeri e diagrammi anche il mistero.
 
Più che nella moltitudine delle parole li sorprendi in un brivido degli occhi, nella tenerezza di una stretta di mano. Chiamo "percorsi del cuore" le emozioni , le intuizioni, le riflessioni, gli smarrimenti e le aperture, i sussulti e le decisioni: fanno la storia delle nostre giornate e diventano cammino interiore, il nostro mondo segreto.
 
C'è una condizione che ti introduce ai "percorsi del cuore" e ti dà l'emozione di scoprirne o solo forse intuirne le tracce. La vorrei descrivere con alcune parole, purtroppo imprecise. Condizione è "guardare l'altro immaginando l'inimmaginabile". Oltre la superficialità, oltre i luoghi comuni, oltre l'apparenza, immaginando dell'altro il cuore, la terra segreta.
 
A chi oggi parla di "percorsi del cuore" può succedere - non è un mistero - di essere guardato con sufficienza, quasi fosse uno "fuori", fuori della realtà, impenitente sognatore. Non devono aver ....


mercoledì 3 agosto 2016

MEMORIA, CORAGGIO E SPERANZA . per andare verso il futuro

IL DIVANO DELLA FELICITA’


Luglio si è concluso con l’incontro dei giovani a Cracovia per le Giornate Mondiali della Gioventù.
I discorsi e le azioni di Papa Francesco sono stati, come sempre, ricchi di significato e di stimoli. Silenzio e parole forti e lungimiranti, non solo per i due milioni di giovani provenienti da tutto il mondo, ma anche per chi ha responsabilità politiche, pastorali, educative, e per la gente comune.
Il Pontefice ben comprende le notevoli difficoltà che le giovani generazioni incontrano oggi per una piena realizzazione, un lavoro dignitoso, una vita in ambienti positivi e con adulti significativi. Mille problemi disorientano e paralizzano i giovani e talora li spingono a rifugiarsi nell’inedia o nell’alienazione.  Perciò sovente incoraggia ad osare per volare in alto. Di fronte alla ricerca di facili ed effimere felicità, da consumare, e che nel contempo consumano, i giovani sono invitati a farsi protagonisti del futuro, evitando di “confondere la felicità col divano”.  Si crede, dice il Papa, “che per essere felici abbiamo bisogno di un buon divano che ci aiuti a stare comodi, tranquilli, ben sicuri”. Un divano “come quelli che ci sono adesso, moderni, con massaggi per dormire inclusi, che ci garantiscano ore di tranquillità per trasferirci nel mondo dei videogiochi e passare ore di fronte al computer”. Un divano “contro ogni tipo di dolore e timore”, che “ci faccia stare chiusi in casa senza affaticarci né preoccuparci”. Ma questo “divano-felicità” è invece una paralisi silenziosa che “senza rendercene conto” ci fa ritrovare “addormentati, imbambolati e intontiti mentre altri – forse più vivi, ma non più buoni – decidono il futuro per noi”. “Sicuramente, per molti è più facile e vantaggioso avere dei giovani imbambolati e intontiti”, piuttosto “che avere giovani svegli, desiderosi di rispondere al sogno di Dio e a tutte le aspirazioni del cuore”, osserva il Pontefice. Ed aggiunge: “Siamo nati per lasciare un’impronta”.
“È molto triste – rileva Francesco – passare nella vita senza lasciare un’impronta. Ma quando scegliamo la comodità, confondendo felicità con consumare, allora il prezzo che paghiamo è molto ma molto caro: perdiamo la libertà”. Ed allora dobbiamo lealmente chiederci: “Il nostro essere per le vie del mondo è statico - in attesa del fico in bocca - oppure è un verace segno della nostra vitalità e intraprendenza?”; “Come, dove e perché andiamo?”; “Le tracce che lasciamo sono fugaci orme sulla sabbia o sono orme forti e indelebili?”; “Sono tracce della nostra arroganza e cupidigia che indicano un procedere malvagio o tracce del bene che facciamo?”; “E i nostri figli? Quali tracce lasciano?”  …
Le devastanti guerre e i quotidiani episodi di terrorismo e di assurda violenza - che lasciano forti impronte di morte, di miseria, di turbamento - sono stati frequentemente richiamati da Papa Francesco.
Non sono “cose” che riguardano gli altri, diventando oggetto del nostro quotidiano spettegolare o delle nostre paure, ma ci interessano e coinvolgono. Sono icona di una società disorientata e malata.  Perciò, ogni malvagità nostra o altrui deve farci riflettere e ravvedere. Sovente, purtroppo, l’uomo al fine di farsi ragione ricopre il male con alte elucubrazioni e giustificazioni, simili a preziosi perizomi ricoprenti zozze pudende. Quanta prepotenza, quanti furti, quanta violenza, quanti latrocini vengono giustificati con nobili fini! Quante sofferenze provochiamo con il nostro agire! Strumentalizzando pure la religione e la giustizia. Il Papa lo ha detto ad alta voce: “Sono la voglia di potere, la bramosia del denaro, la logica della sopraffazione ad orientare perversi modi dell’agire umano!”
Se andiamo alle radici di tante liti, problemi, malaffare, malessere - che motivano o condizionano il nostro vivere quotidiano - troviamo molto marciume che avvelena la nostra ed altrui esistenza, danneggiando i “miti di cuore”, le molte persone buone che il Vangelo esalta.
E allora? Occorre il coraggio di guardarsi allo specchio, interrogarsi lealmente, darsi da fare per fornire il nostro contributo affinché le cose cambino, superando insane voglie, pregiudizi, resistenze, tiepidezze, miopie varie, fobie, incapacità di dialogo e di cooperazione. Per essere felici, ci ricorda Francesco, occorre “camminare insieme agli altri, in qualsiasi ambito, portando la Buona Notizia e facendo della propria vita un dono, dando il meglio di noi per rendere il mondo migliore”.
Pressante l’invito ad “essere la speranza del futuro”. Per esserlo, dice Papa Francesco, “tre sono gli elementi essenziali: memoria, coraggio e speranza per il futuro. La memoria degli eventi del passato; il coraggio del presente nell’affrontare tutte le situazioni; la speranza di un futuro di misericordia, facendo tesoro dell'esperienza e della fede” e impegnandosi in esperienze di volontariato. Niente divano sul quale poltrire o stare a guardare chi passa, magari piangendosi addosso, ma tenere sveglie le meravigliose energie che ogni persona possiede, orientandole verso il bene. Vivere, sin da ragazzi, esperienze associative e di volontariato costituisce un buon apprendistato ed esercizio per una vita dinamica e felice, a favore di noi stessi e degli altri.

Giovanni Perrone

lunedì 1 agosto 2016

1 agosto 1907 - NASCE LO SCAUTISMO

Lord Robert Baden-Powell, detto B.-P., inizia il primo campo scout nell'isola di Brownsea (Canale della Manica).


„Cercate di lasciare

 questo mondo un po' 

migliore di quanto non 

l'avete trovato.

(da "L'ultimo messaggio di B.-P. agli Esploratori" su "Scautismo per ragazzi"
                                                   – Robert Baden-Powell

lunedì 13 giugno 2016

LA MASSARIOTTA SULL'EVEREST



La bandiera della Massariotta
 sventola sul Tetto del mondo

Grazie a Luca, che nel lontano 2008, venendo da esploratore al campo nazionale di competenza  di “Avventura, Espressione e Mania Abili” svoltosi alla Massariotta a fine agosto se n'è innamorato, tanto da portala in giro per il mondo, dalla Corsica, all’Inghilterra  passando per l’Irlanda e ora in Svizzera nel cantone francese.
A Maggio scorso l’impresa: l’Everest, il tetto del mondo con una spedizione internazionale. 
ùUna breve visita a Katmandu e poi su tra le alte cime dell’Himalaya con la Massariotta nel cuore e la bandiera con il logo della Base. 
Ci ha inviato alcune foto con uno scritto:

"Sono stato alla Massariotta per cinque giorni di campo, solo cinque; però a distanza di anni li ricordo con tanto piacere. 
Non c'è un motivo preciso per il quale mi spunta il sorriso quando penso a quei giorni. Mi ricordo che ho incontrato persone da cui potevo imparare molto, prendere l'esempio e trarre beneficio solo stando accanto a loro. 
Forse la cosa che è rimasta più impressa nei miei ricordi sono stati i sorrisi. 
Sarà una cosa banale od ovvia ma quei sorrisi che vedevo (soprattutto nei ragazzi che facevano servizio)  nascondevano tanta fatica e qualche tensione ma ciò nonostante erano sinceri e creavano una alchimia che, dopo anni di lavoro in lungo e in largo per il mondo, ancora non ho trovato e tutt'ora cerco”.
                                                                                                                                            Luca Casino

 

giovedì 19 maggio 2016

UN APPETITO VIRTUOSO

CHE APPETITO HAI?

Etica e virtù nella vita e nella società. Un’utopia, una speranza, un impegno

Secondo Aristotele l'appetito rappresenta la naturale tendenza che spinge ogni uomo a realizzare ciò che egli ritiene “bene”. Il concetto di bene è strettamente connesso al modo di intendere la vita e alla maniera di porsi nei confronti degli altri e nella società.  
Il recente studio dell’Ocse, Trust in Government, analizzando comparativamente la situazione di 29 Paesi nel mondo nei riguardi della corruzione evidenzia la necessità che, sin dai primi anni di vita, si insegni e si faccia esercitare l’etica della buona cittadinanza. Purtroppo, la situazione italiana non risulta tra le migliori. Perciò il rapporto richiama la responsabilità di tutte le istituzioni chiamate ad aver cura della crescita dei buoni cittadini. Anche i cittadini, però, debbono sapersi prender cura delle istituzioni. Infatti, sovente, sono i cittadini non virtuosi che rendono le istituzioni vuote di valore e ricche di malaffare.
Il vivere eticamente è il prendersi “cura di sé, cura degli altri, cura delle istituzioni” (P. Ricoeur). Si matura la capacità di prendersi cura sin dalla nascita, grazie all’impegno e all’esempio di educatori-accompagnatori e alla vita in ambienti che favoriscono l’esercizio delle virtù. L’etica della cura interagisce con l’etica della giustizia grazie ad un’idea di bene (il cosiddetto bene comune) che accomuna l’io e l’altro. E’ la disponibilità ad “essere pronti” per l’altro che caratterizza l’agire con cura.
Non c’è vita etica senza l’esercizio delle virtù. Mi riferisco principalmente alle virtù umane e civiche che bene interagiscono con quelle promosse dalla religione, anzi ne favoriscono la maturazione. La virtù è una disposizione abituale e ferma a fare il bene.  Le virtù umane sono attitudini ferme, disposizioni stabili, perfezioni abituali dell'intelligenza e della volontà che regolano i nostri atti, ordinano le nostre passioni e guidano la nostra condotta secondo la ragione e la fede. Esse procurano facilità, padronanza di sé e gioia per condurre una vita moralmente buona. L'uomo virtuoso è colui che liberamente pratica il bene. Ogni virtù consente alla persona, non soltanto di compiere atti buoni, ma di dare il meglio di sé. Con tutte le proprie energie sensibili e spirituali la persona virtuosa tende verso il bene; lo ricerca e lo sceglie in azioni concrete”. Così afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica. Alcune virtù hanno la funzione di cardine. Sono la giustizia, la fortezza, la prudenza e la temperanza: «Se uno ama la giustizia, le virtù sono il frutto delle sue fatiche. Essa insegna, infatti, la temperanza e la prudenza, la giustizia e la fortezza» (Sap 8,7). Attorno ad esse gravitano le altre virtù. La virtù non è declamata ma vissuta, anche nelle piccole scelte ed azioni della nostra quotidianità.
L’appetito del bene orienta nel far diventare il vivere virtuoso uno stile di vita. E’ un buon appetito che sin dall’infanzia spinge ogni persona a diventare protagonista e a spendersi per crescere e per far crescere in maniera eticamente corretta. Penso metaforicamente ad un ristorante che riempie la strada di buoni profumi, presenta piatti che stimolano occhi, pancia e cervello, offre anche la possibilità di imparare a cucinare piatti prelibati e, nel contempo, coinvolge i clienti nel mettere a frutto ciò che sanno fare. L’esempio, l’apprezzamento e il fraterno accompagnamento trascinano verso il bene. Perciò ogni istituzione,  a partire dalla famiglia, deve essere considerata e vissuta come spazio educativo, luogo ove ci si nutre di atti virtuosi.
La stessa attenzione alla legalità, oggi sovente richiamata e manifestata, non ha valore se non è strettamente connessa alla virtù della giustizia e al concreto e quotidiano impegno perché la giustizia sia il modo naturale di essere e di agire di ogni persona e di ogni istituzione.
A proposito, Papa Francesco insiste parecchio sulla necessità di educare al buono, al bello e al vero. Recentemente ha affermato che “ci sono tre linguaggi: il linguaggio della testa, il linguaggio del cuore, il linguaggio delle mani. L’educazione deve muoversi su queste tre strade. Insegnare a pensare, aiutare a sentire bene e accompagnare nel fare. Occorre cioè che i tre linguaggi siano in armonia; che il bambino, il ragazzo pensi quello che sente e che fa, senta quello che pensa e che fa, e faccia quello che pensa e sente. E così, un’educazione diventa inclusiva perché tutti hanno un posto; inclusiva anche umanamente”. Queste sono indicazioni per una via virtuosa.
Siamo tutti chiamati a profumare di virtù, in modo che il buon profumo riempia case, scuole, istituzioni e aiuti ciascuno a maturare quella cittadinanza attiva necessaria a star bene e a risolvere i complessi problemi del nostro tempo. Che il nostro appetito sia sempre “buono” perché è bello, buono e vero!

Giovanni Perrone

lunedì 2 maggio 2016

FAR DONO DEL NOSTRO SORRISO


I TRE SORRISI

“Un evangelizzatore non dovrebbe avere costantemente una faccia da funerale". La provocazione di Papa Francesco non è una battuta casuale e l'idea che i cristiani appaiano tristi non è nuova: “Dovrebbero cantarmi dei canti migliori, perché io impari a credere nel loro Salvatore! Bisognerebbe che i suoi discepoli avessero un aspetto più da gente salvata", diceva Nietzsche.

Ma come si fa a sorridere quando le preoccupazioni, il lavoro, i piccoli contrattempi e i grandi dolori sono così seri nella vita?

Il primo sorriso è quello fondamentale: ride colui che sta nei cieli, dice la Bibbia. E ancora: la gioia del Signore è la vostra forza. È il sorriso di Dio. La gioia con cui il Creatore contempla ogni sua creatura è il fondamento solido della serenità e della pace di ognuno di noi. Ma non è irriverente pensare che Dio, il Signore dell'universo, sorrida? “Dio deve amarci tanto più in quanto ridestiamo il suo senso dell'umorismo", dice un personaggio creato da Ray Bradbury. “Non avevo mai pensato al Signore come a un umorista", gli viene ribattuto. La risposta è folgorante: “Il creatore dell'ornitorinco, del cammello, dello struzzo e dell'uomo? Oh, ma andiamo!".

Il secondo sorriso è quello con il quale guardo me stesso. Senza perdere di vista la mia umanità, i miei limiti, che non sono necessariamente un difetto e non vanno presi troppo sul serio. Il mio Creatore mi vuole bene così come sono, perché se mi avesse voluto diverso mi avrebbe fatto diverso. “Saper vedere anche l'aspetto divertente della vita e la sua dimensione gioiosa – disse una volta Benedetto XVI – e non prendere tutto così tragicamente, questo lo considero molto importante, e direi che è anche necessario per il mio ministero. Un qualche scrittore aveva detto che gli angeli possono volare, perché non si prendono troppo sul serio. E noi forse potremmo anche volare un po' di più, se non ci dessimo così tanta importanza".

Sorridere è un atto di umiltà, vuol dire accettare me stesso e il mio modo di essere, rimanendo lì dove sono in santa pace. Senza prendermi troppo sul serio, perché “la serietà non è una virtù. Sarà forse un'eresia, ma un'eresia molto più sensata dire che la serietà è un vizio. C'è realmente una tendenza (una sorta di decadenza) naturale a prendersi sul serio perché è la cosa più facile a farsi. La solennità viene fuori dagli uomini senza fatica; invece la risata è uno slancio. È facile essere pesanti e difficile essere leggeri. Satana è caduto per la forza di gravità" (Chesterton).

Il terzo sorriso è conseguenza dei primi due. È il sorriso con il quale accolgo chi incontro per caso e le persone con le quali vivo e lavoro. Con affetto e senza prendere troppo sul serio eventuali sbagli o presunti sgarbi. Con un volto allegro. Madre Teresa di Calcutta, ricevendo il Premio Nobel, spiazzò la platea con questo invito: “Sorridete sempre ai vostri familiari. Regalatevi reciprocamente il vostro tempo in famiglia. Sorridetevi".

Il vestito di un uomo, la bocca sorridente e la sua andatura rivelano quello che è, insegna il Siracide. Il sorriso può essere davvero il segno di riconoscimento caratteristico di un cristiano.

Don Carlo Marchi

Convegno Ecclesiale Firenze, maggio 2015


martedì 26 aprile 2016

RENDETE PIENA LA VOSTRA GIOIA

Papa Francesco: 

LA FELICITA’
 NON E’ UN APP

Cari ragazzi e ragazze, la vostra felicità non ha prezzo e non si commercia; non è una ‘app’ che si scarica sul telefonino: nemmeno la versione più aggiornata potrà aiutarvi a diventare liberi e grandi nell’amore. La libertà è un’altra cosa”. Papa Francesco prosegue il filone di metafore ‘tecnologiche’ parlando ai circa 100mila giovani – in aumento rispetto a ieri – venuti da tutta Italia a Roma per celebrare il Giubileo dei Ragazzi e delle Ragazze, riuniti oggi in piazza San Pietro per la Messa con il Pontefice.

Nel suo videomessaggio di ieri per la grande festa allo Stadio Olimpico, Bergoglio spiegava infatti che “una vita senza Gesù è come se non ci fosse campo” al cellulare. E oggi, parlando del “grande desiderio di libertà” che si assapora negli anni giovanili, ribadisce il concetto spiegando che solo in Cristo è possibile trovare quella pienezza che nessun altra persona o cosa può dare.

Per questo il Pontefice, durante la sua appassionata omelia, esorta i giovani a non accontentarsi della “mediocrità”, di “vivacchiare stando comodi e seduti”. “Non fidatevi – ammonisce – di chi vi distrae dalla vera ricchezza, che siete voi, dicendovi che la vita è bella solo se si hanno molte cose; diffidate di chi vuol farvi credere che valete quando vi mascherate da forti, come gli eroi dei film, o quando portate abiti all’ultima moda”.

È vero, osserva il Santo Padre, che “alla vostra età emerge in voi in modo nuovo anche il desiderio di affezionarvi e di ricevere affetto”. A questa si accompagna “la tentazione di inquinare l’affetto con la pretesa istintiva di prendere, di ‘avere’ quello che piace…”. Ma questo “è egoismo”; una tendenza che “la cultura consumistica rafforza”.

“Ogni cosa – spiega infatti il Papa – se la si stringe troppo, si sciupa, si rovina: poi si rimane delusi, con il vuoto dentro”. Invece il Signore, “se ascoltate la sua voce, vi rivelerà il segreto della tenerezza: prendersi cura dell’altra persona, che vuol dire rispettarla, custodirla e aspettarla”.

Questa “è la concretezza della tenerezza e dell’amore”: “Il Signore – assicura il Santo Padre – se andate alla sua scuola, vi insegnerà a rendere più belli anche l’affetto e la tenerezza. Vi metterà nel cuore un’intenzione buona, quella di voler bene senza possedere, di amare le persone senza volerle come proprie, ma lasciandole libere. Perché l’amore è libero! Non c’è vero amore che non sia libero! Quella libertà che il Signore ci lascia quando ci ama. Lui è sempre vicino a noi”.

Una libertà, quella di Dio, ben diversa da quella propinata dal mondo: “Molti vi diranno che essere liberi significa fare quello che si vuole. Ma qui bisogna saper dire dei no”, incoraggia Papa Francesco, perché “se tu non sai dire di no, non sei libero”. Libero è infatti “chi sa dire sì e sa dire no. La libertà non è poter sempre fare quello che mi va: questo rende chiusi, distanti, impedisce di essere amici aperti e sinceri; non è vero che quando io sto bene tutto va bene. No, non è vero. La libertà, invece, è il dono di poter scegliere il bene: questa è libertà”.

Libero è dunque “chi sceglie il bene, chi cerca quello che piace a Dio, anche se è faticoso, non è facile”. “Ma io – afferma Bergoglio -credo che voi giovani non abbiate paura delle fatiche, siete coraggiosi! Solo con scelte coraggiose e forti si realizzano i sogni più grandi, quelli per cui vale la pena di spendere la vita. Scelte coraggiose e forti”.

Una di queste è “imparare ad amare” e l’amore è una “grande responsabilità”; al contempo “è la carta d’identità del cristiano, l’unico ‘documento’ valido per essere riconosciuti discepoli di Gesù”. “Volete accogliere l’invito di Gesù a essere suoi discepoli?”, domanda il Vescovo di Roma alla piazza stracolma, “volete essere suoi amici fedeli? Il vero amico di Gesù si distingue essenzialmente per l’amore concreto; non l’amore ‘nelle nuvole’, no, l’amore concreto che risplende nella sua vita”, non quello delle “telenovelas” o di “un teleromanzo”.

“Volete vivere questo amore che Lui ci dona?”, insiste a braccio Francesco, “volete o non volete? Cerchiamo allora di metterci alla sua scuola, che è una scuola di vita per imparare ad amare”. E questo “è un lavoro di tutti i giorni”, oltre che “la via per essere felici”.

Sicuramente “non è facile”, ammette il Papa, “è impegnativo, costa fatica. Pensiamo, ad esempio, a quando riceviamo un regalo: questo ci rende felici, ma per preparare quel regalo delle persone generose hanno dedicato tempo e impegno, e così, regalandoci qualcosa, ci hanno donato anche un po’ di loro stesse, qualcosa di cui hanno saputo privarsi”. Questa, però, è la “concretezza dell’amore”: donare “non solo qualcosa di materiale, ma qualcosa di sé stessi, il proprio tempo, la propria amicizia, le proprie capacità”.

In questo senso, il Signore “è invincibile in generosità. Riceviamo da Lui tanti doni, e ogni giorno dovremmo ringraziarlo…”, dice il Papa. Quotidianamente Egli  “ci dona la sua amicizia fedele, che non ci toglierà mai. È l’amico per sempre, il Signore. Anche se tu lo deludi e ti allontani da Lui, Gesù continua a volerti bene e a starti vicino, a credere in te più di quanto tu creda in te stesso”.  E, come fece con i suoi giovani discepoli, “ti guarda negli occhi e ti chiama a seguirlo, a ‘prendere il largo’ e a ‘gettare le reti’ fidandosi della sua parola, cioè a mettere in gioco i tuoi talenti nella vita, insieme con Lui, senza paura. Gesù ti aspetta pazientemente, attende una risposta, attende il tuo ‘sì’”.

“Guai allora – esclama Francesco – ai giovani che non sanno sognare, che non osano sognare! Se un giovane, alla vostra età, non è capace di sognare, già se n’è andato in pensione, non serve. L’amore si nutre di fiducia, di rispetto, di perdono. L’amore non si realizza perché ne parliamo, ma quando lo viviamo: non è una dolce poesia da studiare a memoria, ma una scelta di vita da mettere in pratica!”.

E quando amare sembra “pesante”, quando “è difficile dire di no a quello che è sbagliato, guardate la croce di Gesù abbracciatela e non lasciate la sua mano, che vi conduce verso l’alto e vi risolleva quando cadete”. Nella vita, infatti, “sempre si cade”, perché “siamo peccatori, siamo deboli”. Ma c’è la mano di Gesù che ci risolleva, che ci rialza”. “Gesù ci vuole in piedi!”. rimarca Francesco.


E conclude il Papa esortando ad “avere il coraggio di alzarsi, di lasciarci alzare dalla mano di Gesù”,  una mano che “tante volte viene dalla mano di un amico, dalla mano dei genitori, dalla mano di quelli che ci accompagnano nella vita”. “Alzatevi!”, ripete, “Dio vi vuole in piedi, sempre in piedi!”. In un certo senso è come un allenamento fisico: “Fate come i campioni sportivi, che raggiungono alti traguardi allenandosi con umiltà e duramente ogni giorno”, dice il Pontefice. “Il vostro programma quotidiano siano le opere di misericordia: allenatevi con entusiasmo in esse per diventare campioni di vita, campioni di amore! Così sarete riconosciuti come discepoli di Gesù. Così avrete la carta d’identità di cristiani. E vi assicuro: la vostra gioia sarà piena.”

www.zenit.org

domenica 28 febbraio 2016

IL FIORE DI ZUCCA - L'amore è bello, ma .....


Il fiore di zucca

L’amore è bello… Ma perché possa essere fatto in pienezza, attende lo sviluppo, la maturazione dei rapporti fra uomo e donna

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Pixabay CC0 - Foodnerd, Public Domain
Nella serie di incontri programmati per la preparazione al matrimonio, ieri sera ai giovani fidanzati ho parlato del significato, della bellezza e dell’importanza di “fare l’amore”. 
“Ma – mi chiedono – quando è il tempo di farlo?”
Franco, mio amico, sta coltivando un campo di zucche. Si sa che la zucca è un frutto non tanto stimato dagli intellettuali, ha però un fiore così sgargiante e chiassoso da richiamare l’attenzione perfino di chi passa distrattamente.
Non si può non vederlo e si è tentati, come spesso fa la nostra cuoca Anna, di raccoglierlo per friggerne un buon piatto. Ma Franco le ricorda il detto popolare: “Chi mangia fiore di zucca, rischia di non mangiare zucca!”.
E mi invita a osservare da vicino la magnificenza del fiore.
E’ un calice giallo ancora innestato alla fragile dimensione della zucchina da poco sbocciata, in attesa del suo pieno sviluppo. Raccoglierne in anticipo il fiore, pur bello, significa mortificare e forse arrestare la maturazione del frutto.
Ma che c’entra con la nostra preparazione al matrimonio?
L’amore è grande quanto Dio. L’amore è bello e gustoso…non lo si può ignorare per quanto è evidente. Ma perché possa essere fatto in pienezza, attende lo sviluppo, la maturazione dei rapporti fra uomo e donna.
Anche l’attesa di raccogliere il fiore a tempo opportuno è già “Amore” e  concorre ad aumentare la stima del sacramento del matrimonio, momento dell’aggancio tra l’amore umano e quello divino.
Ciao da p. Andrea
www.zenit.org

sabato 27 febbraio 2016

LA CURA DEL CREATO - Ottava opera di misericordia



Turkson: “Cura del creato, ottava opera di misericordia”
Riflessione quaresimale del presidente di Iustitia et Pax alla luce della “Laudato Si'”, in una conferenza della Villanova University di Philadelphia
Cura del Creato


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Non sono più sette ma otto le opere di misericordia riportate dalla tradizione della Chiesa, secondo il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson: l’ottava, sia corporale che spirituale, è la “cura per la nostra casa comune”. Il presidente del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace lo ha detto nel suo intervento del 25 febbraio alla Villanova University di Philadelphia, durante una conferenza dedicata all’enciclica Laudato Si’ alla luce di una “riflessione quaresimale per l’Anno della Misericordia”.
Partendo dalla considerazione che “la vita umana si fonda su tre relazioni fondamentali e strettamente intrecciate: quella con Dio, quella con il prossimo e quella con la terra”, il porporato – riferisce L’Osservatore Romano – ha sottolineato che “quando uno di questi rapporti si rompe” infrange in qualche modo il nostro essere pienamente inseriti nell’universo. È proprio questa la “tremenda responsabilità” del genere umano verso la creazione di cui parla l’enciclica del Pontefice: ovvero il dovere morale di essere non “semplici buoni amministratori” ma di avere una vera e propria “cura” per la casa comune.
In tal senso, secondo il cardinale, le opere corporali si possono così declinare: nutrire gli affamati, specialmente quelli che soffrono di povertà e siccità; dar da bere agli assetati, in particolare a chi non ha acqua pulita e abbondante; vestire gli ignudi, soprattutto gli esposti al freddo dell’inverno e al dolore dell’indifferenza; dare riparo ai senza tetto, in particolare alle vittime delle guerre e del mare; curare i malati, specialmente quelli che sono stati avvelenati dalle scorie delle industrie; riscattare i prigionieri, soprattutto coloro che sono oppressi da sistemi economici e politici crudeli o dalle dipendenze dei piaceri del mondo; proteggere la dignità della persona umana, specialmente seppellendo i morti con reverenza.
Quelle spirituali invece: insegnare a coloro che non si accorgono come i loro stili di vita danneggino gli altri; dare speranza a chi dispera per il futuro dei propri o cari e per quello del mondo; ammonire coloro che peccano contro il prossimo e l’ordine naturale; sopportare le sofferenze inflitte dall’avidità; perdonare le offese commesse contro l’umanità e il bene della creazione; confortare coloro che sono afflitti dalla corruzione e dai cambiamenti del clima; desiderare di pregare sempre per i vivi, i morti e le future generazioni.
Si aggiunge, quindi, l’ottava opera: la cura per la nostra casa comune. È così – ha detto Turkson – che possiamo “vivere la misericordia nel suo doppio volto: quello di dono gratuito dal Signore e quello di ‘sorgente che zampilla dall’interno’ che ci porta a condividere con gli altri il dono del creato”.
da www.zenith.org


lunedì 1 febbraio 2016

SPECIALIZZAZIONI MARINEO - EVENTI NAZIONALI 2016




Eventi   Nazionali 2016
 Data
N
Campi di Competenza E/G




1
Pionieristica
dal 17 al 21/06
Massariotta
2
Natura e Mani Abili
dal 24 al 28/06
Massariotta
3
Trappeur
dal 01 al 05/07
Massariotta
4
Giornalismo
dal 05 al 09/07
Massariotta
5
Avventura
dal 20 al 24/08
Massariotta
6
Explò
dal 25 al 29/08
Massariotta





Campi di Specializzazione R/S


1
Terre Selvagge, avventura sulla neve
dal 03 al 06/03
Etna





Stages   per Capi


1
Terre Selvagge, sfida tra neve e fuoco
dal 06 al 08/02
Etna
     2
Pionieristica II° livello
dal 15 al 17/04
Massariotta





















Campi di competenza E/G
Campi di competenza: sono eventi nazionali organizzati, in accordo con la branca E/G, sia dal settore Specializzazioni che da settore Nautico e sono rivolti a ragazzi e ragazze in cammino verso le tappe della Competenza e della Responsabilità. Questi campi hanno lo scopo di offrire l’occasione per affinare uno specifico ambito di competenza attraverso l’approfondimento ad alto livello di una tecnica, con l’ottica di rendere esploratori e guide pronti in ogni circostanza a servire validamente il prossimo, nonché ad animare la squadriglia e il reparto di appartenenza.
Allo stesso Campo non possono iscriversi più di 2 ragazzi/e provenienti dal medesimo Reparto. 
La quota d’iscrizione va pagata  alla Segreteria Regionale di appartenenza, secondo le modalità indicate sul sito regionale. 
Prima di iscriverti scarica la carta di competenza.
Per iscriverti ai Campi di Competenza clicca qui: buonacaccia

Campi di specializzazione per R/S
I Campi di Specializzazione per R/S hanno lo scopo di sviluppare la competenza per poterla mettere poi al servizio degli altri. Tendono a privilegiare l’attività manuale, a stimolare la capacità di produrre e non di consumare, a sollecitare l’abitudine di riflettere sul proprio agire. Caratteristica di questi eventi è l’imparare facendo.
Allo stesso Campo non possono iscriversi più di 2 ragazzi/e provenienti dalla stessa unità.
La quota d’iscrizione va pagata alla Segreteria Regionale di appartenenza, secondo le modalità indicate sul sito regionale.
Per iscriverti agli EPPPI clicca qui buonacaccia

Laboratori (Cantieri e Workshops per capi, Stages di specializzazione, Campi di animazione nautica per Capi)
I laboratori per capi sono occasioni di maturazione metodologica e tecnica offerte dai Settori, dalle Branche e dalla Formazione Capi, a tutti i capi dell’Associazione ed a quanti stanno completando l’iter di formazione.
Sono eventi di durata variabile da un fine settimana a quattro giorni, con un intenso programma e coordinati da esperti nella tecnica specifica così come nel metodo scout e nelle valenze pedagogiche ad esso connesse. Sono aperti solo a Capi. I principali scopi di questi eventi sono:

-nmigliorare le competenze tecniche e metodologiche dei Capi;
– proporre tecniche specifiche su cui favorire la riflessione della valenza educativa;
– promuovere l’utilizzo delle tecniche dello scouting come mezzo abituale ed originale dello proposta scout;
– valorizzare pienamente le attitudini e le competenze dei Capi aiutandoli a divenire maestri di alfabeti tecnici nei confronti dei ragazzi;
– aiutare i Capi a rendere ai ragazzi la “testimonianza del fare” ;
– lavorire lo scambio di idee, competenze, esperienze.

La quota d’iscrizione va pagata alla Segreteria Regionale di appartenenza, secondo le modalità indicate sul sito regionale.
Per iscriverti ai laboratori clicca qui buonacaccia