lunedì 21 luglio 2014

CI VUOL FORZA O CORAGGIO?

Dalla forza del leone al coraggio di avere paura
Conoscete questo gioco? E se mio nonno fosse un albero? Che tipo di albero sarebbe? Una quercia? Un pioppo? E se la forza fosse un animale? Che animale sarebbe? Troviamo la risposta nell’arte: quando si vuole dare una figura alla forza la si rappresenta nelle fattezze di un leone. A Venezia, per esempio, troviamo figure di leoni dappertutto: scolpite in statue, intagliate in rilievi, dipinte su tele e affreschi. Il leone è il re degli animali, quasi il “Giove degli animali”, così potente con le le sue zanne e i suoi artigli che quasi tutte le fiere lo temono e lo fuggono.
Troviamo un leone nel Nuovo Testamento. Nella sua prima lettera San Pietro ci mette in guardia contro le insidie demoniache con queste parole: “Siate sobri, vegliate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede” (1 Pietro 5, 8-9). Il leone è simbolo di forza ma anche simbolo del male e persino del demonio.. E San Pietro ci incoraggia affermando che è possibile combatterlo con “la forza della fede”.
Osserviamo un altro simbolo, questa volta un modello pagano, si tratta della carta di un Tarocco che rappresenta la Forza: mostra una donna che doma un leone trattenendolo per le fauci, aprendogli da dietro la grande gola. Questo simbolo del coraggio e della forza, associata a un principio femminile, ci indica che è dalla padronanza di se stessa e dal controllo delle proprie energie che si può attingere la vera forza.
E infine un terzo esempio tratto dalla letteratura francese; si tratta dei Dialoghi delle Carmelitane, l’unica opera teatrale dello scrittore Georges Bernanos. La storia è ambientata agli albori della rivoluzione francese. La protagonista è Blanche de la Force, (della Forza, in italiano) una giovane aristocratica, segnata fin dalla nascita da un profondo senso di paura, e che decide di rifugiarsi sul Carmelo.
Ma il monastero non sarà per lei un rifugio, al contrario: le lotte dei rivoluzionari agiscono in lei come una sorta di meccanismo rivelatore e le fanno attraversare e vincere la sua paura. Divenuta novizia, Blanche de la Force vive gli ultimi giorni della sua comunità: quando un drappello di rivoluzionari irrompe nel convento, Blanche riesce a fuggire. Gli ordini religiosi sono soppressi e le religiose condannate a morte. Cosa che porta Blanche de la Force a dire tra sé e sé: “Chi non è mai stato preso da questa paura, questo terrore che sonnecchia latente nel più profondo dell’essere?”.
Sola e abbandonata, Blanche de La Force si ritrova sulla piazza della Rivoluzione, lei, che era stata giudicata da tutte come un tipo pauroso, una donna fragile e debole. Quando Blanche de la Force vede le sue consorelle salire al patibolo, improvvisamente si fa avanti per unirsi a loro sul luogo del supplizio, intonando con voce chiara e risoluta il Veni Creator: “Gloria al Padre, al Figlio resuscitato dai morti, allo Spirito Consolatore, ora e nei secoli dei secoli”.
Dalla paura alla forza, dalla forza alla paura, si può dire che questo è l’argomento centrale dell’opera. Georges Bernanos aveva infatti scritto come epigrafe all’inizio del componimento: “Sotto un certo aspetto, vedete, anche la paura è figlia di Dio, riscattata la notte del Venerdì Santo. Non è bella a vedersi, no! […]. Si trova al capezzale di ogni agonia, la paura intercede per l’uomo”.
Questi tre esempi ci mostrano la complessità di questa energia vitale. Esiste, per così dire, la forza allo stato “bruto” e selvaggio, e la forza allo stato “delicato” e purificato. La posta in gioco di tutta una vita sarà l’iniziazione a questo passaggio: il passaggio dalla violenza non dominata e distruttrice che ci abita, alla forza controllata e domata, che diviene fonte di energia creativa, per vivere e nascere alla vita di lassù. .........

 continua: IL DONO DELLA FORTEZZA

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