giovedì 7 marzo 2013

I GIOVANI E IL PERICOLO


Giovani: il pericolo è il mio piacere

Tuffarsi in piscina dal balcone, «surfare» sul cofano della macchina, bere oltre ogni limite...
Aumentano i giochi pericolosi.

Quali risposte educative alla domanda giovanile di avventura? Come far vivere alle giovani generazioni avventure positive e non autodistruttive? Come educare al senso del limite?


di ANTONELLA MARIANI
 

         Dal suo letto di ospedale, nel Policlinico di Ibiza, con bacino, braccia e gambe fratturati, il giovane italiano di­chiarò a un giornalista, che sì, l’a­vrebbe rifatto. Tuffarsi nella pisci­na del residence dal terrazzo di u­na delle camere gli era costato ca­ro, perché «sono caduto male, ho sbattuto sul fondo», ma conside­rando che «è troppo fico», «sicuro lo rifarei domani». Pazzie estive di gioventù bruciata? Anche, ma non solo. Il balconing è uno dei numerosi divertimenti estremi che da qualche anno attirano i ra­gazzi, trovando eco insperata nei filmati su Youtube e gettando una luce torva, peraltro grandemente esagerata, su un’intera generazio­ne di 20/30enni. Uno, ma non l’u­nico, C’è il binge drinking, il choking game, l’eyeballing il ghost riding....

          Tutte condotte spericolate, che vanno oltre il comune senso del limite e della trasgressione per approdare a un territorio dove a rischio c’è la vita stessa. Fatali­smo, sfiducia nel domani, abbas­samento del livello di guardia nei confronti del pericolo sono ele­menti comuni a questi comporta­menti giovanili esasperati, ora a­nalizzati da tre sociologi di diver­se università ( Valeria Giordano e Paola Panarese della Sapienza di Roma, Manolo Farci della 'Carlo Bo' di Urbino) in Oltre il senso del limite (FrancoAngeli, pp. 160, eu­ro 20). Gli autori non si sono limi­tati a descrivere il fenomeno, ma hanno cercato anche di compren­dere se il rischio, nella cultura giovanile, ha cambiato significato e senso. La risposta di una delle autrici, Paola Panarese, è tran­chant : sì, esiste un «cambiamento semantico del concetto di rischio: non più associato a perdita, peri­colo, paura, bensì a successo, prova di sé, crescita. In altre paro­le, in molti casi, rischiare è passa­to dall’essere un 'disavalore' da evitare alla dimensione di valore da perseguire».

         Il rischio come 'valore', dun­que, a costo di rimetterci la vi­ta. I tre sociologi tracciano il bollettino di guerra di ognuno dei 'giochi pericolosi' esaminati: cinquemila ragazzi morti ogni an­no per le conseguenze del bere compulsivo ( binge drinking) negli Stati Uniti; 456 giovani americani e 86 britannici rimasti vittima del gioco da soffocamento ( choking game) a partire dal 1995; 6 morti e 11 feriti nel 2010 dopo un tuffo in piscina dalla terrazza della came­ra d’albergo (a questo proposito ecco un altro dato-choc: un terzo dei ricoverati negli ospedali delle isole Baleari con prognosi critica sono appunto giovani precipitati dai balconi); 58 morti dal 1990 negli Usa perché caduti dall’auto in corsa mentre 'surfavano' sul cofano... Morti e feriti a parte, tut­ti i 'giochi pericolosi' hanno al­cune caratteristiche comuni: la principale è che i filmati delle bravate finiscono spesso e volen­tieri su piattaforme di condivisio­ne globale come Youtube o Goo­gle Video. Con due effetti collate­rali: il primo è che si è accresciuta «l’aura di novità attorno a 'giochi pericolosi' che in realtà vengono compiuti da anni», dice Manolo Farci. Il secondo è che «si rafforza l’immagine, priva di basi scientifi­ca ma costantemente evocata dai mass media, di una maggiore ten­denza dei giovani ad attuare com­portamenti rischiosi rispetto agli adulti».
             Insomma, a guardarli da Youtube i ragazzi appaiono deci­samente peggiori di quanto non siano nella realtà, tanto che bal­coning e chocking game «sono stati trasformati in nuove piaghe sociali, scatenando spesso una reazione esagerata a confronto con la loro reale incidenza». Basta un video molto cliccato in rete (65 filmati sul 'gioco da soffocamen­to' hanno totalizzato più di 173mila visualizzazioni su Youtu­be) perché una qualunque spac­conata diventi sui giornali una «nuova moda pericolosa». In Re­te, in effetti, proliferano presunte mode giovanile estreme, che a u­na indagine approfondita si rive­lano niente più di bufale ben con­gegnate.
           Detto questo, però, oc­corre cercare qualche spiegazione del fenomeno dei 'giochi perico­losi', che hanno a che fare con la ricerca della sfida e dell’avventura tipica dell’età adolescenziale. Ma c’è qualcosa di più, che prova a delineare Manolo Franci, ricerca­tore tra l’altro di Sociologia delle metropoli alla Sapienza. L’incer­tezza del futuro e la minacciosa oscurità che li attende da adulti sembrano condannare i giovani in anticipo, «costringendoli a vi­vere una vita in stato di emergen­za, e indicando, come unica pos­sibile via d’uscita, quella di eserci­tare una sorta di legge della giun­gla».       
          Quando un ragazzo ha po­che aspettative nei con­fronti dell’avvenire, in al­tre parole, si può compor­tare come se non avesse nulla da perdere e dunque ad accostarsi a situazioni di rischio. «Più i giovani si sentono vulnerabili di fronte a­gli eventi sociali, più hanno biso­gno di provare esperienze perico­lose che dimostrino la loro capa­cità di sopravvivenza». Affidando­si all’azzardo del rischio – con u­na bevuta esagerata o stringendo­si un foulard al collo – gli adole­scenti sembrano voler affidarsi, insomma, alla fatalità del caso.
 
Avvenire, 6 marzo 2013, pag. 25




 

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