venerdì 5 aprile 2013

La gioia di incontrare l'altro



Il bisogno di un vero dialogo 

La ricerca dell'altro riempie la nostra vita
 di gioia e di calore umano

                                                            di Carlo Climati
Dov’è l’altro? Che cos’è l’altro? Dove e come possono incontrarlo i giovani di oggi?
Agli inizi del terzo millennio le nuove generazioni hanno un disperato bisogno di incontrare gli altri, avvolti come sono in uno stato di frequente solitudine.
La solitudine più comune è certamente quella che nasce dalla televisione. Negli anni cinquanta, quando la TV arrivò per la prima volta in Italia, le persone uscivano di casa e si riunivano nei bar per vederla. Era un festoso momento di incontro, da consumare tutti insieme di fronte alle immagini in bianco e nero del "Musichiere" o di "Lascia o Raddoppia". Ma i tempi sono cambiati. La dimensione corale del piccolo schermo non esiste più. In ogni casa ci sono più televisori. Spesso i giovani si ritrovano soli, nella loro cameretta, di fronte ad uno strumento che li bombarda con messaggi discutibili e infiniti spot pubblicitari.
Un'altra nuova, grande solitudine è quella del gioco. Sembra scomparire l’antica cultura del cortile e della piazza, luoghi all’aperto in cui i bambini praticavano tradizionali giochi di gruppo, allegri e creativi. Erano parentesi di svago positive, in cui si stava insieme e ci si confrontava l'uno con l'altro. Non rappresentavano soltanto un'occasione di divertimento, ma soprattutto momenti educativi in cui ci si abituava ad avere delle regole, a lottare con correttezza e a rispettare l'avversario.
Oggi, purtroppo, si diffonde sempre di più la moda dei videogiochi, in cui il bambino si ritrova solo di fronte allo schermo freddo di un computer. Chi ne fa uso non compie attività creative. Si limita semplicemente a subire suoni, rumori, musiche ed immagini. Un tema ricorrente dei videogiochi è la lotta per la sopravvivenza. Il giocatore deve sostenere continue sfide per riuscire a mantenersi in vita ed accrescere il proprio potere. Il problema è che, a volte, il bene si confonde con il male. L’eroe buono diventa crudele come i suoi avversari cattivi. Utilizza i loro stessi metodi violenti e sanguinari. Pertanto, molti di questi videogiochi non possono affatto essere considerati educativi.
Un analogo meccanismo di solitudine, di fronte al computer, è quello che caratterizza il mondo di Internet. Tanti giovani trascorrono ore navigando tra un sito e l'altro o comunicando attraverso i social network.
Spesso le persone che intervengono in questi "salotti virtuali" non sono sincere ed indossano delle maschere. Il risultato è quello di una falsa comunicazione, che rischia di degenerare nell'isolamento, nell'incapacità di sostenere un autentico rapporto con gli altri. Un'altra solitudine piuttosto frequente è quella della discoteca. Molti ragazzi, durante il fine settimana, si recano nei locali da ballo cercando un momento d'incontro. Ma la loro voglia di comunicare viene soffocata da ambienti che ostacolano qualunque tipo di dialogo.
Il volume della musica è troppo alto e le luci psichedeliche impediscono di guardarsi serenamente negli occhi. Di conseguenza, le discoteche si trasformano in un disperato insieme di solitudini che ballano, rinchiuse nel proprio guscio di silenzio e di incomunicabilità. Sono tante, per i ragazzi di oggi, le occasioni di rinchiudersi in nuove, potenziali celle di isolamento. Tutto questo, purtroppo, comporta molti rischi dal punto di vista educativo. Non dimentichiamo che strumenti come Internet o la televisione trasmettono, a volte, messaggi, spesso ingannevoli. E quando si è soli, di fronte ad uno schermo, è più facile essere indottrinati e strumentalizzati.
Come combattere tutta questa solitudine? Prima di tutto è necessario offrire ai ragazzi le occasioni per stare insieme davvero, in modo comunicativo e creativo. I locali da ballo, ad esempio, dovrebbero essere ricondotti alla loro funzione originale di luoghi di incontro, limitando il volume della musica e creando ambienti più favorevoli al dialogo.
Infine è necessario alimentare nei giovani un'autentica cultura dell'impegno. Esprimersi attraverso i tasti di un computer, a volte, significa rifiutare di confrontarsi con altri esseri umani. Significa rinunciare ad impegnarsi, perché il rapporto con il prossimo rappresenta anche un impegno, uno sforzo per uscire dal proprio guscio. E' importante, invece, cercare le persone vere, vivere con loro, imparare a comprenderle e ad amarle sul serio. Non attraverso la barriera di uno schermo.
Questo sforzo personale potrà sicuramente contribuire ad una maturazione dei giovani, aiutandoli ad affrontare in modo più sereno il resto della vita.

www.zenit.org – 5.4.2013

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