In preparazione al 5°
Convegno Nazionale Ecclesiale di Firenze
Coltivare l’umano con passione
di Pierpaolo Triani*
Il
fine profondo dell’istruzione sta nel sostenere le persone nel loro cammino
verso l’autenticità e la valorizzazione di tutte le proprie dimensioni.
La scuola è a servizio di chi? La
risposta, idealmente, è scontata.
Le diverse realtà formative che
costituiscono il sistema scolastico non possono essere a servizio di loro
stesse, delle regole interne di funzionamento, dei loro crescenti adempimenti
burocratici ed amministrativi.
Il punto focale delle scuole non è
neppure rappresentato dalla sola esecuzione dei propri ‘compiti’, svolti con
professionalità dagli insegnanti e con serietà e responsabilità dagli alunni.
L’insegnamento
non è il fine della vita scolastica, è uno ‘strumento’, che trova la sua
ragione d’essere in altre finalità.
Ugualmente lo sforzo dei ragazzi di
imparare ha il suo orizzonte al di là delle singole perfomance; il rispondere
attivamente alle diverse richieste della scuola non è lo scopo ultimo, ma è la
strada per accrescere le risorse personali, per un apprendimento significativo.
Il sistema scolastico non è neppure soltanto a servizio della coesione sociale
o della competitività di un Paese. Si tratta di scopi importanti e
imprescindibili, ma c’è ben altro. Il senso ultimo risiede nell’essere a
servizio di ogni bambino e ragazzo per promuoverne gradualmente, attraverso
l’incontro attivo con la cultura umana nella pluralità delle sue espressioni e
forme, la libertà e la responsabilità, la cura di sé e degli altri; la capacità
di prendere in mano se stesso e di sentirsi parte di una comunità.
Il fine più profondo dunque, attorno a
cui dovrebbero ruotare tutti gli altri, sta nel sostenere le persone nel loro
cammino verso l’autenticità, verso l’appropriazione e la valorizzazione delle
proprie dimensioni relazionali, affettive, cognitive, spirituali, storiche,
sociali.
La scuola, logicamente, non è
sufficiente, ma è necessaria e decisiva. Per promuovere la persona, le scuole
hanno bisogno di intensificare l’attenzione verso la qualità del loro contesto
vitale, ossia la loro capacità di essere dispositivo e ambiente umanizzante.
Per crescere in umanità abbiamo bisogno di incontrare la passione e la cura
dell’umano degli altri.
La
scuola ha ragione d’essere se riesce a ‘coltivare’ l’umano.
I cinque verbi che saranno oggetto dei
lavori del Convegno ecclesiale di Firenze indicano un possibile stile per
prendersi cura della persona e possono rappresentare un interessante esercizio di
riflessione anche per una scuola che voglie farsi sempre più umanizzante.
Uscire.
Quanto e in che modo, come scuola, sappiamo andare oltre la paura di non
farcela e una lettura pessimistica della realtà? Quanto sappiamo affrontare,
pur nella carenza di risorse, i cambiamenti profondi che stanno vivendo i
ragazzi, le famiglie, il contesto sociale?
Annunciare.
Quanto, attraverso il nostro ‘fare scuola’, sappiamo essere positivi e
propositivi? Quanto siamo attenti a essere per ogni bambino e ragazzo ‘parola
buona’ (che non vuole dire facile o accomodante), tesa a generare in loro un
futuro promettente?
Abitare.
Quanto, nella nostra azione didattica, riusciamo a lavorare con tutti gli
alunni? Ad accompagnare chi fa più fatica? Quanto, come istituzione scolastica,
sappiamo condividere le nostre scelte educative con le famiglie? Quanto
sappiamo collaborare con il territorio?
Educare.
Quanto nel nostro compito educativo sappiamo resistere all’ansia delle
prestazione e ci lasciamo interpellare dalla ricerca del bene? In che modo
stiamo cercando di promuovere non solo le competenze tecniche e disciplinari,
certamente necessarie, ma i dinamismi fondamentali che rendono tale la persona
(la cura per la vita, la ricerca della verità e della giustizia, il senso di
solidarietà …)? In che modo cerchiamo di accrescere le risorse di ogni alunno?
Quanto sappiamo consegnare ai ragazzi ragioni per vivere?
Trasfigurare.
Quanto sappiamo allagare gli orizzonti dei nostri ragazzi? Quanto cerchiamo di
aiutarli a pensare a un futuro dignitoso per tutti? Quanto sappiamo
testimoniare come crescere in umanità cambia in meglio la vita?
Si tratta di domande non semplici, che
possono sembrare anche lontane. Ma è un esercizio che vale la pena fare.
da Avvenire,
7 giugno 2015
*P. Triani, docente
di Didattica Generale, Università Cattolica, Piacenza
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