Se avessi sedici anni o giù di lì
che educatore vorrei?
Chi vuole conquistare un'anima a Cristo deve farlo con lo sguardo
prima ancora che con le parole
Di Alessandro Ribeca
La scuola è cominciata e, dopo gli oratori estivi, stanno per iniziare anche
gli incontri in parrocchia. Così mi sono chiesto: se avessi sedici anni o giù di
lì, che educatore vorrei?
Per rispondere ho lasciato parlare il mio cuore perché è lì che la ragione va
a bussare prima di prendere decisioni, prima di fare scelte come quella di
andare all’incontro o starmene a casa. Il cuore deve darmi delle motivazioni
valide perché non sono disposto a fare qualcosa per la quale non trovo il
senso.
Ecco, quindi, il mio cuore chiede, innanzitutto, un educatore che prima di
qualsiasi parola, sappia catturarmi con lo sguardo.
Vorrei un educatore che si interessi alla mia storia prima di raccontarmi la
sua, perché la mia sarà sicuramente più acerba, forse zuppa di preoccupazioni
sciocche e di lanci di entusiasmo che si spengono nel giro di poco tempo, fatta
di ingenuità, incoerenze, delusioni e momenti di rabbia, ma è mia e ho bisogno
di qualcuno che la ascolti. Ho bisogno di un educatore che mi ascolti.
Vorrei un educatore che a fine incontro non mi dica “ci vediamo venerdì
prossimo”, ma “ci sentiamo in settimana”. Vorrei un educatore che venga a vedere
i miei allenamenti di calcio, che mi chieda come è andato il compito di
matematica, che festeggi con me la sua laurea, anche solo con un gelato. Vorrei
che il fango della mia vita, così come il cielo, si mescoli con il fango e il
cielo della sua.
Vorrei un educatore che mi insegni sì a pregare, ma allo stesso tempo a non
ridurre la mia fede a una questione intima tra me e Dio. Vorrei un educatore che
esca dalle aule parrocchiali, che mi faccia immergere nella realtà, perché
altrimenti questi incontri sarebbero autoreferenziali, lui verrebbe per sentirsi
una persona impegnata e io forse perché se stavo a casa avrei dovuto
studiare.
Vorrei un educatore che non venga a farmi dottrina, che non venga a ripetermi
le pagine del guidino quando quelle pagine non lo riguardano; perché se quelle
pagine non gli dicono nulla, come può trasmettermi qualcosa?
Vorrei un educatore stanco e affaticato per la sua giornata, ma felice di
incontrarmi.
Vorrei un educatore che non cerchi di adularmi o conquistarmi con il suo
buonismo, ma che se serve mi rimproveri, senza paura che me ne vada. Perché se
mi ha dato ragioni per tornare all’incontro ogni venerdì, quelle ragioni restano
e non è sufficiente un rimprovero per andarmene per sempre. Però voglio pure un
educatore che non mi richiami davanti a tutti se arrivo in ritardo, ma mi
accolga a braccia aperte, perché è felice che ci sia anche io. Poi, se dopo
l’incontro, prima di rimproverarmi, mi fermasse per chiedermi spiegazioni sul
ritardo, lo capirei.
Ma soprattutto, vorrei un educatore che mi incuriosisca raccontandomi cose
che non so e che faccia vibrare il mio cuore perché dice cose che hanno a che
fare con me. Che mi parli di poesia, di arte, di cinema, di musica, del tramonto
sul mare, di tutto ciò che sia bellezza, perché la bellezza ha dentro di sé il
mistero dell’esistenza e ci rimanda a Dio. Che queste cose le dica con passione.
Vorrei un educatore appassionato, che quando dice qualcosa lo dica con
l’entusiasmo di uno che quelle parole le ha prima vissute, ne ha fatto
esperienza.
Vorrei un educatore che mi faccia sognare. Vorrei un educatore-sognatore. Un
educatore che mi insegni a sognare, mi insegni a fare sogni aderenti alla
realtà, mi insegni a scoprire la mia strada, le mie capacità, che mi aiuti a
comprendere chi sono io. Un educatore che non mi dica cosa devo fare, ma che,
piuttosto, mi insegni a fare scelte coerenti con la mia persona perché ogni
scelta mi definisce. Vorrei un educatore che mi insegni a stupirmi, che mi
trasmetta il suo stupore.
Vorrei, infine, un educatore che mi dia speranza, perché ha incontrato Cristo
e questo è tutto per un uomo.
Sì, lo so, un educatore che riesca ad essere tutto questo forse non esiste,
ma un educatore che ci prova senza nascondere le sue debolezze, le sue fatiche,
i suoi dubbi, la sua umanità, è un educatore che ama ed è di questo che ho
bisogno. Non ho bisogno di un educatore perfetto; ho semplicemente bisogno di un
abbraccio.
***Alessandro Ribeca è padre di famiglia, collaboratore de L’Ancora, scrittore. Ha pubblicato due libri: Il colore prima del Blu e La luce nei tuoi occhi.
Fonte: L’Ancoraonline
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