LA RISATA CHE FA ANDARE
IN PARADISO
A praticare questa virtù della "buona risata" furono grandi santi come san Filippo Neri, san Francesco di Sales e san Giovanni
Di Paolo Gulisano
- Eutrapelia? Sì, avete letto bene. Che parola è? Si tratta nientemeno che di
una virtù. Una virtù di cui parlarono i grandi filosofi greci, come Aristotele,
e che poi divenne una virtù cristiana, cara a San Tommaso d’Aquino, a San
Filippo Neri, a San Francesco di Sales, a San Giovanni Bosco.
Ne parlò dell’eutrapelia addirittura Dante Alighieri nel Convivio,
definendola come la decima virtù del cristiano, la penultima prima della
Giustizia e dopo Fortezza, Temperanza, Liberalità, Magnificenza, Magnanimità,
Amativa d’onore, Mansuetudine, Affabilità, Verità. “La decima – scrive
l’Alighieri- si è chiamata Eutrapelia, la quale modera noi ne li sollazzi
facendo, quelli usando debitamente.”
Quindi questa antica parola, oggi purtroppo dimenticata, Eutrapelia,
ovvero – dal greco - “gaiezza, scherzosità, buon umore” indica una virtù
importante, che si è tradotta anche in arte, un’arte particolare, che grazie al
cielo non passa mai di moda da secoli, e che si esprime attraverso la
letteratura, il teatro, il disegno e altro ancora. E’ l’arte del far ridere.
L’umorismo buono, molto diverso dalla satira, che consiste non tanto nel ridere
quanto nel deridere.
L’eutrapelia è una virtù che andrebbe recuperata, in un tempo che oscilla tra
una superba seriosità piena di sé e una satira cattiva, corrosiva. Predomina
insomma lo sghignazzo sboccato, là dove avremmo invece bisogno di un sorriso
buono.
L’eutrapelia è una virtù imparentata con la modestia: ci aiuta a non darci
troppa importanza e a non montare in superbia. Chesterton, un grande
eutrapelico, diceva che il motivo per cui gli angeli volano è che si prendono
alla leggera.
II divertimento, quindi, non è un fine, ma un mezzo per migliorarci: la virtù
del buon umore ci dona quella forma di distacco e di eleganza spirituale che
consente di cogliere e di apprezzare i lati giocosi della vita: virtù di santi,
di mistici e di tutti coloro che non esitano a lanciarsi con entusiasmo nella
risposta all’invito di Cristo.
Tra i santi, grandi esempi di questa virtù sono stati san Francesco d’Assisi,
san Filippo Neri, ma anche san Francesco di Sales, che nella sua Filotea
precisava le caratteristiche di un buon umorismo cristiano, che in primo luogo
deve allietare il cuore e non offendere nessuno.
Uno dei difetti peggiori dello spirito è quello di essere beffardo: Dio odia
molto questo vizio e sappiamo che lo ha punito con castighi esemplari.
Nessun vizio è così contrario alla carità, e più ancora alla devozione,
quanto il disprezzo e la derisione del prossimo.
La derisione e la beffa infatti si fondano sulla presunzione di sé e sul
disprezzo per gli altri, e questo è un peccato molto grave: la derisione è un
modo terribile di offendere il prossimo con parole; le altre offese salvano
sempre, almeno in parte, la stima per la persona, la derisione invece non la
risparmia in nulla.
Cosa molto diversa sono le battute scherzose tra amici, che si fanno in
allegria e gioia serena, dice Francesco di Sales: “Si tratta addirittura di una
virtù cui i Greci davano il nome di eutrapelia: noi diciamo buona conversazione.
È il modo di prendersi una onesta e amabile ricreazione sulle situazioni buffe
cui i difetti degli uomini danno occasione.
Bisogna soltanto stare attenti a non passare dagli scherzi sereni alla
derisione. La derisione provoca al riso per mancanza di stima e per disprezzo
del prossimo; invece la battuta allegra e la burla scherzosa provocano al riso
per la “trovata”, gli accostamenti imprevedibili fatti in confidenza e
schiettezza amichevole; e sempre con molta cortesia di linguaggio.”
Si direbbe che scrittori cristiani ricchi di buon umore come Giovannino
Guareschi, il creatore di don Camillo e Peppone, o il Chesterton di padre Brown,
o lo scrittore scozzese Bruce Marshall, siano stati allievi diligenti di
Francesco di Sales e di don Bosco.
Fin da ragazzo il Santo di Valdocco si era sempre dedicato a divertire i suoi
amici con giochi di destrezza.
Egli recava piacere a tutti e di tutti si attirava la benevolenza,
l'affezione e la stima. Quando iniziò la sua opera di educatore, i ragazzi
cominciarono a venire a lui per giocare e fare ricreazione, poi per ascoltare
racconti, poi per compiere i doveri di scuola.
Un santo che intratteneva i suoi discepoli in scherzi e burle oneste e
piacevoli, giochi di abilità e persino giochi di prestigio.
La virtù dell'Eutrapelia in lui era connaturata, e manifestava la
tranquillità inalterabile della sua anima.
Si potrebbe dire che In risu Veritas: la Verità è incontrabile nella
risata buona, nel buon umore.
L’umorismo è una realtà specificamente umana: la sua essenza risiede nel
legame con profondo con l'emotività, con l'interiorità più atavica ed istintuale
dell'uomo.
A chi dice che il Cristianesimo è noioso, che è un insieme di regole morali
che hanno tolto all’uomo la felicità e i piaceri che sarebbero (il condizionale
è d’obbligo) venuti a lui dall’antico paganesimo, si può rispondere con la
gioia di vivere dei santi, che dimostrano che la vita è bella, anche quando ci
appare dura, anche quando ci ferisce, anche quando ci sembra una partita persa,
perché ha un senso.
La tristezza è l’ombra del diavolo: per cacciarla via occorre una buona dose
di eutrapelia!
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