R-S - Krapfen e progressione personale …… (per
non parlare della Strada).
Torniamo su questo
argomento ogni tanto, perché la realtà generale muta di tempo in tempo e le
aberrazioni cambiano faccia e alibi.
Mi capita sempre più
spesso ai Campi di Formazione Associativa, che arrivi qualche capo che, pur
avendo fatto il rover o la scolta per quattro anni, non ha mai fatto la Route,
non ha mai camminato.
Il mio campo si svolge
sul Monte Guglielmo [1] (non il K2, per
intenderci) sul quale saliamo in due giorni e in due giorni scendiamo. Avete
capito bene, salita e discesa in quattro giorni. Ebbene, quest’anno, per avere
dichiarato in partenza il percorso, siamo stati accusati di terrorismo
psicologico e molti allievi si sono ritirati dopo aver compilato la scheda
iscrizione. Troppo muscolare, un campo troppo muscolare. Discriminante.
Da una parte sono
stato orgoglioso perché nessuno in vita mia mi ha mai dato del muscolare e chi
mi conosce credo stia già ridendo.
Dall’altro mi sono molto stupito.
Anche le reazioni “on
the road” sono state molteplici. I più, fortunatamente, non hanno battuto
ciglio. Ma una minoranza non indifferente ha manifestato meraviglia per la
fatica delle salite (ammazza, me vedo i piedi ad ogni passo!), per i pascoli
erbosi (me pensavo che l’erba se fumava e’bbasta), per le malghe, per il
panorama (possibile che si veda così lontano?), per la vetta (non erano mai
saliti su di un monte).
Abbiamo spiegato che
quel sudore che ti invade tra schiena e zaino, condito con senso di stanchezza,
non è una malattia, ma è semplicemente “fatica”, che ti coglie in salita, ma a
volte anche in discesa, se cammini per qualche ora. Abbiamo sperimentato che
piantare la tenda a 1800 m, e magari prendere una leggera nevicata di maggio,
non porta all’assideramento istantaneo. Alla fine del campo però c’è sempre
qualcuno che muove l’accusa di rambismo (la maggior parte è contenta, e ci vuol
portare la comunità capi in uscita, diciamo anche questo).
Pertanto ci siamo
informati: “che route avete fatto nella vostra esperienza?” E così salta fuori
che non pochi non hanno mai camminato.
Route a Sant’Antimo, incontri
di spiritualità; poi servizio internazionale in Albania, per carità una scelta
nobile; esperienza antimafia in Sicilia, nobilissima causa; e un servizio in un orfanotrofio in Romania. Tutte esperienze contemplate dal metodo, nobilissime
che fanno onore a chi le propone e a chi le fa. Tanto di cappello.
Ma Roverismo niente. E
per Roversimo intendo zaino, tendina, fornello, un itinerario, una meta e in
mezzo alcune ore (non mezz’orette) di cammino. Per ore intendo non meno di 5 al
giorno.
A volte mi viene il
dubbio che il servizio diventi un alibi, una maschera della pigrizia (dei
ragazzi, dei capi?) per non fare fatica, per non fare ciò che ci rende rover:
la Strada. Perché, parliamoci chiaro, le settimane di servizio dei clan troppe
volte si risolvono in qualche lavoretto inventato per loro giusto per tenerli
occupati qualche ora. Una settimana ti fanno portare le pietre da qua a là. E
la settimana dopo, all’altro clan, da là a qua. O pelare piselli e fare la
conserva per il proprietario del terreno presso cui fai “servizio”. Poi ci s’ingiochicchia
e si fanno belle discussioni e verifiche. E i capi clan devono rincorrere gli
imboscati di qui e di là.
E per molti le uscite
di clan sono diventate un andare a dormire in un oratorio a due ore di treno,
fare cartelloni, giochi vari di psicodinamica, andare a Messa, pranzare cucinando
sui fornelletti e farsi venire a prendere dai genitori perché si è perso il
treno di ritorno.
Strada, mai fatta. Ah,
sì una volta, dalla stazione all’oratorio del Duomo, c’erano 3 chilometri, che
nebbia e pioviggine, una vera avventura.
Ma a metà ci siamo
fermati per fare progressione personale.
Dopo un km e mezzo, o
un buon krapfen, o la progressione personale. Quel sabato Birbes [2] era chiuso.
Edo Martinelli
(da Scout Notizie,
AGESCI Brescia)
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