IL DIVANO DELLA FELICITA’
Luglio
si è concluso con l’incontro dei giovani a Cracovia per le Giornate Mondiali
della Gioventù.
I
discorsi e le azioni di Papa Francesco sono stati, come sempre, ricchi di
significato e di stimoli. Silenzio e parole forti e lungimiranti, non solo per i
due milioni di giovani provenienti da tutto il mondo, ma anche per chi ha
responsabilità politiche, pastorali, educative, e per la gente comune.
Il
Pontefice ben comprende le notevoli difficoltà che le giovani generazioni
incontrano oggi per una piena realizzazione, un lavoro dignitoso, una vita in
ambienti positivi e con adulti significativi. Mille problemi disorientano e
paralizzano i giovani e talora li spingono a rifugiarsi nell’inedia o nell’alienazione. Perciò sovente incoraggia ad osare per volare
in alto. Di fronte alla ricerca di facili ed effimere felicità, da consumare, e
che nel contempo consumano, i giovani sono invitati a farsi protagonisti del
futuro, evitando di “confondere la felicità col divano”. Si crede, dice il Papa, “che per essere felici
abbiamo bisogno di un buon divano che ci aiuti a stare comodi, tranquilli, ben
sicuri”. Un divano “come quelli che ci sono adesso, moderni, con massaggi per
dormire inclusi, che ci garantiscano ore di tranquillità per trasferirci nel
mondo dei videogiochi e passare ore di fronte al computer”. Un divano “contro
ogni tipo di dolore e timore”, che “ci faccia stare chiusi in casa senza
affaticarci né preoccuparci”. Ma questo “divano-felicità” è invece
una paralisi silenziosa che “senza rendercene conto” ci fa ritrovare
“addormentati, imbambolati e intontiti mentre altri – forse più vivi, ma non
più buoni – decidono il futuro per noi”. “Sicuramente, per molti è più facile e
vantaggioso avere dei giovani imbambolati e intontiti”, piuttosto “che avere
giovani svegli, desiderosi di rispondere al sogno di Dio e a tutte le
aspirazioni del cuore”, osserva il Pontefice. Ed aggiunge: “Siamo nati per
lasciare un’impronta”.
“È
molto triste – rileva Francesco – passare nella vita senza lasciare
un’impronta. Ma quando scegliamo la comodità, confondendo felicità con
consumare, allora il prezzo che paghiamo è molto ma molto caro: perdiamo la
libertà”. Ed allora dobbiamo lealmente chiederci: “Il nostro essere per le vie
del mondo è statico - in attesa del fico
in bocca - oppure è un verace segno della nostra vitalità e intraprendenza?”; “Come, dove e perché andiamo?”; “Le
tracce che lasciamo sono fugaci orme sulla sabbia o sono orme forti e
indelebili?”; “Sono tracce della nostra arroganza e cupidigia che indicano un
procedere malvagio o tracce del bene che facciamo?”; “E i nostri figli? Quali
tracce lasciano?” …
Le
devastanti guerre e i quotidiani episodi di terrorismo e di assurda violenza - che
lasciano forti impronte di morte, di miseria, di turbamento - sono stati
frequentemente richiamati da Papa Francesco.
Non
sono “cose” che riguardano gli altri, diventando oggetto del nostro quotidiano
spettegolare o delle nostre paure, ma ci interessano e coinvolgono. Sono icona
di una società disorientata e malata. Perciò,
ogni malvagità nostra o altrui deve farci riflettere e ravvedere. Sovente,
purtroppo, l’uomo al fine di farsi ragione ricopre il male con alte
elucubrazioni e giustificazioni, simili a preziosi perizomi ricoprenti zozze
pudende. Quanta prepotenza, quanti furti, quanta violenza, quanti latrocini
vengono giustificati con nobili fini! Quante sofferenze provochiamo con il
nostro agire! Strumentalizzando pure la religione e la giustizia. Il Papa lo ha
detto ad alta voce: “Sono la voglia di potere, la bramosia del denaro, la
logica della sopraffazione ad orientare perversi modi dell’agire umano!”
Se
andiamo alle radici di tante liti, problemi, malaffare, malessere - che motivano
o condizionano il nostro vivere quotidiano - troviamo molto marciume che
avvelena la nostra ed altrui esistenza, danneggiando i “miti di cuore”, le
molte persone buone che il Vangelo esalta.
E
allora? Occorre il coraggio di guardarsi allo specchio, interrogarsi lealmente,
darsi da fare per fornire il nostro contributo affinché le cose cambino,
superando insane voglie, pregiudizi, resistenze, tiepidezze, miopie varie,
fobie, incapacità di dialogo e di cooperazione. Per essere felici, ci ricorda
Francesco, occorre “camminare insieme agli altri, in qualsiasi ambito, portando
la Buona Notizia e facendo della propria vita un dono, dando il meglio di noi per
rendere il mondo migliore”.
Pressante
l’invito ad “essere la speranza del futuro”. Per esserlo, dice Papa
Francesco, “tre sono gli elementi essenziali: memoria, coraggio e speranza per
il futuro. La memoria degli eventi del passato; il coraggio del presente nell’affrontare
tutte le situazioni; la speranza di un futuro di misericordia, facendo tesoro
dell'esperienza e della fede” e impegnandosi in esperienze di volontariato.
Niente divano sul quale poltrire o stare a guardare chi passa, magari
piangendosi addosso, ma tenere sveglie le meravigliose energie che ogni persona
possiede, orientandole verso il bene. Vivere, sin da ragazzi, esperienze
associative e di volontariato costituisce un buon apprendistato ed esercizio
per una vita dinamica e felice, a favore di noi stessi e degli altri.
Giovanni
Perrone